L'unica cosa da fare quando non si ha voglia di scrivere è, per l'appunto, iniziare a scrivere. O almeno, provare a vedere cosa potrà uscirne.Oggi è uno di quei giorni in cui pensi ad accumulare pensieri senza avere la capacità di dare loro un flusso coerente. Un giorno che accartocceresti e butteresti nella spazzatura, insomma. Perché.
Innanzitutto, mi sono svegliata con il piede sbagliato, pur non essendo proprio convinta che l'altro sarebbe stato quello giusto. Alzarmi con la terza gamba, forse, avrebbe fatto al caso mio. Fare colazione con le gocciole, poi, non mi ha aiutata; sono stata costretta a ripensare al fatto che mi piacerebbe vivere in una casa sull'albero in mezzo alla giungla, con una suocera rompicoglioni tra i piedi. Ho aspettato che arrivasse mezzogiorno trastullando il Mac, nella speranza mi leggesse un software di quelli antichi come il mondo marcio; invano. Se però gli chiedi di farti un caffè, quello sì, te lo concede. Arriva papà a pranzo, ma ti ricordi che sul biglietto mattutino della mamma ti era stata lasciata una scelta criptica: fare la pasta oppure le salamine. Sul fornello, ancora, né la pentola dell'acqua né la griglia riscaldata. Tutto sommato, la performance culinaria è andata a buon fine; in dieci minuti sono riuscita con una mano a comporre un'insalata veloce e con l'altra a cuocere le salamelle. Anche qui, un terzo braccio non mi sarebbe dispiaciuto. Sparecchia il tavolo ed apparecchia lo studio, come se la consapevolezza di avere qualche giorno di relax troneggiasse in una mente che non è la mia. Sveglia da quattro ore e già con le palle piene; a volte capita che non sopporti le giornate da 24 ore. Nel frattempo, il telefono squilla; però ti confondi e non rispondi a lui ma ai tuoi pensieri. Forse, non è stato un errore tanto grossolano, a pensarci bene. Abbaiano i cani dei vicini e per una strana associazione realizzi che non hai dato da mangiare alla tua tartaruga. Ho appena guardato fuori dalla finestra ma non lo vedo; Robertino odia il sole, ma non esce con la pioggia. Vai a capire quale sia il suo clima ideale. E mentre fai, fa qualcosa anche la mente; s'intasa. Si riempie di volti a cui non vorresti pensare e di parole che dovresti comporre in frasi del tipo "l'unico modo per farti perdonare è sparire" oppure "schiavizzati dai legami" o anche "mai fare progetti con chi non è in grado di dare una direzione alla propria esistenza". Con la positività che m'imbriglia, penso al cucciolo d'uomo che disturba i miei pomeriggi "solitudinari" (ossia di solitudine abitudinaria) ed ai suoi genitori che subiscono, passivi. Ogni tanto, lancia un urlo. Ogni tanto, beve un sorso d'acqua della piscina. Ogni tanto, anzi sempre, urta la mia (in)sensibilità. Oggi è proprio uno di quei giorni da trascorrere nella penombra luminosa della tua cucina, un giorno in cui non vorresti altro che ammirare il lato B della tua vicina, da qui visibile ad occhio nudo. Le mutande sono blu.
E' più bizzarro l'osservato oppure l'occhio dell'osservatore?
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Fare baruffa con la propria soggettività è fastidioso e dissacrante. Imparare a domarla, prendendosene gioco, è una delle migliori strategie verso la comprensione di sé. L'elaborazione dei propri contenuti, dei propri vuoti, è il primo ed indispensabile passo in direzione della soggettività altrui.