giovedì 20 febbraio 2014

La Famiglia Logaritmo.

Sono una schiappa in matematica. O meglio, lo ero un po' più e lo sono un po' meno, ma solo perché sono salita sul treno della scienza e me la sono dovuta fare piacere, in un modo o nell'altro. Ciò non concorre a rimuovere il fatto che i peggiori ricordi della mia carriera scolastica siano associati a ecatombi matematiche, già dalla scuola elementare. Detto questo, preciso inoltre di non intendermene di psicologia della famiglia, se non per quanto concerne una mera infarinatura di base. Dati i presupposti, cosa mai potrebbe uscire da un articolo che lega insieme due competenze che non mi appartengono? L'anello di giunzione credo sia la smodata tendenza che coltivo alle analogie azzardate; un passatempo che mi permette di saltellare, a ritmo sincopato, da un punto all'altro del mio background concettuale.
Un ricordo vivido risale al periodo delle superiori, quando già era assodata la mia inettitudine alle calcolatrici. Ero solita cadere negli "errori da disattenzione", chiamati così per il loro valore palliativo. I segni sbagliati erano sistematicamente l'apice del declino. Fino a quando, un bel giorno, non iniziai a bisticciare con le componenti del logaritmo. Cioè, volevo separarle a tutti i costi! E così capitava che negli esercizi spaccassi la "nocciola chiusa", dimenticando questa non potesse esistere se non come un'unità funzionale a sé stante. Tutte le volte: "Baratti! Il logaritmo è un tutt'uno, non puoi manipolarne i pezzi come vuoi!". Esaltante. Ora, per quanto poco mi sia soffermata a ragionare in termini di psicologia e sociologia famigliare, non credo sia tanto sbagliata ed inverosimile l'idea di accostare i due concetti. Ovvero, di delineare una tipologia di famiglia strutturalmente simile al logaritmo: ovvero, chiusa. Ciò oltrepassando il fatto possa essere nucleare, estesa oppure multipla, senza struttura coniugale, solitaria, monogenitoriale, e tutte le categorizzazioni ipotizzabili. Intendo quel tipo di famiglia che vive per se stessa, brillando di luce propria, insensibile e spesso mal disposta ad allargarsi in funzione dei "nuovi arrivati". Quella tutti-parenti-e-nessuna-intrusione che si giustifica sulla scia di un ideale di tradizionalismo millantato di generazione in generazione. Quel tipo di famiglia che se scissa nei suoi componenti non è altro che un frammento privo di significato, un brandello di logaritmo che qualsiasi altro posto troverà nello spazio bianco del foglio mai sarà paragonabile a quello d'origine. Forse, un paradosso: un'entità indipendente fondata sulla reciproca dipendenza dei propri membri. Condannabile? No di certo. Disfunzionale? Sembrerebbe di sì, soprattutto nell'ottica di una presa di posizione poco flessibile nei confronti delle scelte della progenie.
A voi le somme, nella speranza di aver trovato almeno una risposta parziale, ossia incompleta e pure di parte, all'interrogativo che da un tempo incalcolabile permea l'immaginario studentesco. A che cosa serve la matematica?

lunedì 17 febbraio 2014

Partner cerebrali.

Non mi sorprende che il dossier di febbraio di Mente&cervello sia "Amore e desiderio. Ipotesi, scoperte e teorie sulla più universale delle emozioni umane". Trascendendo dalle considerazioni comuni rispetto al senso ed al non-senso del giorno di San Valentino, tra compartecipazione e diniego, ho trovato questo ensemble di articoli di estremo interesse.
  1. L'amore, in teoria.
  2. Il filtro magico.
  3. Amore e lussuria.
  4. Il piacere di lei.
  5. Sesso e disabilità.
Una panoramica che circoscrive le maggiori tematiche indagate dalle scienze umane, di recente a braccetto con le innovative scoperte di matrice neuroscientifica. Snocciolando le varie questioni, i diversi autori s'interrogano sui luoghi comuni così come sulle definizioni di "amore", se possano esistere sostanze che ne alterino i meccanismi, sulla tradizionale distinzione amore/sentimento-desiderio/passione, sulle cause soggiacenti il disturbo d'anorgasmia femminile ed infine rispetto al ruolo degli assistenti sessuali nell'ambito della disabilità. Una carrellata, insomma. Essendo però interessata maggiormente agli sviluppi delle neuroscienze, commenterò soltanto il terzo ed il quarto articolo. 

Amore e lussuria (Cacioppo, S., Cacioppo, J. T.)

L'interrogativo che apre l'analisi è: quali sono le modalità per mezzo delle quali il desiderio sessuale può contribuire alla durata delle relazioni di coppia?
Dagli albori considerati alla stregua di entità disgiunte, amore e lussuria stanno piano piano emergendo sotto un'altra luce; alcuni studi di neuroimaging, infatti, rivelerebbero l'esistenza di una stretta connessione tra i circuiti cerebrali che soggiaciono a questi due, chiamiamoli, processi. Quello che succede è che alcune microregioni diverse appartenenti alle medesime strutture si attivano sia in concomitanza dell'amore per così dire "spirituale", sia in concomitanza del mero impulso sessuale. Ancora, entrambi i bisogni illuminano quelle che sono le aree cerebrali associate all'euforia, alla gratificazione, alla motivazione ed alla dipendenza. Ciò però non significa che non possano esistere le combinazioni sesso-senza-amore ed amore-senza-sesso, poiché alcuni studi rivelano che il cervello è anche in grado di generare un'entità a scapito dell'altra, avendo queste dei "contrassegni cerebrali" pressoché distinti. Gli emisferi vedono un aumento dell'attività neuronale nel corpo striato, nell'area tegmentale ventrale, nell'insula, nel lobulo parietale inferiore, nella giunzione temporo-parietale, nella corteccia occipito-temporale e nella corteccia prefrontale.
Pertanto, cosa suggeriscono le ricerche? Forse che l'amore a 360 gradi, ovvero quello "appassionato", implichi una stretta sovrapposizione delle basi cognitivo-neurali del desiderio e delle basi cognitivo-neurali dell'amore, qui considerato in termini di vicinanza, supporto e condivisione. Dal testo:
"L'amore appassionato costruisce sui circuiti neurali per il desiderio, aggiungendo regioni associate con l'attesa di gratificazioni, la formazione di abitudini, la capacità di rappresentazione e controllo del pensiero astratto a quelle associate con remunerazioni per sensazioni e con l'appagamento dei desideri". 
Il piacere di lei (Sukel, K.)

L'interrogativo che apre l'analisi è: quale risposta forniscono le neuroscienze rispetto alla difficoltà che molte donne sperimentano nel raggiungere l'orgasmo?
L'anorgasmia, dal DSM inclusa nella categoria delle disfunzioni sessuali, è un disturbo psicogeno che si manifesta nella terza fase del ciclo della risposta sessuale, ovvero un'anomalia che compromette il meccanismo dell'orgasmo. Sono sì presenti il desiderio e l'eccitazione, ma l'orgasmo e la risoluzione sono assenti in modo ricorrente oppure, nel migliore dei casi, ritardati. Intuitivamente, ciò significa che la sessualità non trova né piena espressione né compimento, una difficoltà che causa disagi nonché incomprensioni all'interno della vita relazionale. Nonostante esista una piccola percentuale di uomini che manifesta l'incapacità a raggiungere la "petite mort", le fonti convergono sul fatto che sia una condizione principalmente femminile. Stando ai dati, infatti, meno di un terzo delle donne raggiunge l'orgasmo in modo regolare durante i rapporti d'amore. Di certo, ricercarne le cause non è una cosa facile poiché la multifattorialità degli antecedenti, in psicologia, complica l'opera discriminativa degli scienziati. Tuttavia, se è vero che i meccanismi cerebrali sono alla base di tutti i fenomeni cognitivi, emotivi e comportamentali, perché non iniziare interrogandosi su cosa avvenga nel cervello durante il delicato stadio dell'orgasmo? La strumentazione c'è, i ricercatori anche; manca solo qualcuno che si presti a regalare il proprio orgasmo alla scienza!
L'autrice è una tra questi: soggetto degli studi di Komisaruk e Wise, interessati a determinare il decorso del climax mediante l'identificazione delle aree cerebrali che si attivano durante stimolazione, orgasmo e risoluzione, si è sottoposta ad una "seduta masturbatoria" mentre il magnete della fMRI le scomponeva ed analizzava il cervello. A dati raccolti, il quadro d'interazione tra le regioni coinvolte nei meccanismi dell'orgasmo è tutt'altro che incoraggiante: delle circa ottanta aree distinte evidenziate nelle varie sessioni, solo la corteccia sensoriale risulta essere massivamente coinvolta, poiché sembrerebbe che il decorso dell'orgasmo cominci proprio in quella regione. E cosa dire poi circa il ruolo del lobo frontale, la regione connessa con la pianificazione, il senso di controllo ed il giudizio? Il suo peculiare pattern di scarica potrebbe modulare la buona riuscita dell'intrepida missione? "Spectatoring", signori. "[...] in un certo senso [le connessioni tra polo frontale, aree temporali sensoriali ed aree prossime al tronco associate a remunerazioni] assistono da spettatori a un incontro sessuale, controllando e giudicando invece di viverlo pienamente.". E' singolare notare quanto sia determinante la capacità di accostarsi al sesso privi di aspettative e standard prestabiliti, come a dire "anche per oggi ne esco vincitore" (oppure vinto). Vai a vedere che quel tale aveva tutte le ragioni per sostenere la logica del "famolo strano".
Resterebbe da aggiungere qualche parola rispetto alle funzioni che vengono svolte dai neurormoni nel fragile processo dell'orgasmo, ma... preferisco vengano spesi meglio i dieci minuti che andrebbero dedicati alla lettura. A voi.

Franca Rame, da "Sesso? Grazie, tanto per gradire!"