mercoledì 15 ottobre 2014

La lista dell'insofferenza.

Un sentimento che pensavo non m'appartenesse, la rassegnazione, o che forse semplicemente ancora non avevo avuto modo di sperimentare. E' strana la facilità con cui, all'improvviso, puoi ritrovarti nel mezzo di uno stravolgimento di prospettive: un momento prima le tue lenti filtrano gli eventi del mondo in un determinato modo ed un momento dopo gli scenari cambiano. Spesso in maniera definitiva. Te ne puoi accorgere facendo un paragone tra ciò che ha iniziato a non funzionare e ciò che reputavi procedesse senza intoppi. Un ottimo, benché frustrante, esercizio per la mente.
Per formazione, ho il lieve difetto di vedere sempre un non so che di positivo nel buio delle esperienze altrui: se mi viene raccontato qualcosa di negativo non posso fare a meno di tentare un approccio giustificatorio alla svendita dei consigli. Non che lo faccia per "empatire" (un miscuglio tra l'empatizzare ed il compatire) né per originare aspettative inutili in coloro che si relazionano con me, bensì poiché mi risulta davvero difficile agire altrimenti. Poi rinsavisco, non c'è dubbio, ma la prima occhiata che riservo alle questioni è di natura benevola. Ho però notato come all'aumentare del grado di vicinanza sembri diminuire la genuina propensione alla clemenza il che, a lungo andare, potrebbe creare non pochi problemi. Del resto, il partner di un terapeuta è il paziente meno compreso nonché il più ostile e restio ai suoi tentativi d'assalto (è per il tuo bene). Non c'è nulla da temere perché non potrebbe essere diversamente. La relazione amorosa ponderata coinvolge una così gran mole di dimensioni che risulta quasi impossibile anche il solo auspicare chiarezza a 360°. E' implicito al rapporto stesso il bisogno di liberarsi dalle mine che potrebbero far esplodere ogni cosa. Com'è noto, meglio fuori che dentro. O, come si direbbe oggi, meglio i problemi interrelazionali che non quelli intrarelazionali.
Per questa ed altre ragioni non amo nemmeno categorizzare le persone per tipologia; troppe scartoffie burocratiche e poi ne perderei in diplomazia. L'unica eccezione la fanno quegli individui che affermano di conoscerti, pur limitando il proprio raggio d'azione all'osservazione del tuo comportamento. Individui che di certo perseverano nell'errore di fraintendere le prospettive con le aspettative. Soffermatevi a rifletterci per un attimo: quando qualcuno dice di comprendervi perché ormai ha imparato a conoscere i vostri comportamenti, non vi inizia a pulsare la vena? È come pretendere d'inferire un algoritmo elaborato mediante la mera pratica. Oh! Magari mi è sfuggita la strabiliante scoperta che sia l'agire manifesto la chiave della personalità. Eppure, cerco sempre di tenermi informata. Oppure ancora, per amor dell'abitudine, è semplicemente il mio vizio alle pugnette mentali a farmi andare oltre, nella ricerca di indizi nascosti. La questione, se vogliamo, è quella di riuscire a discriminare fra ciò-che-vedo, ciò-che-penso-d'aver-visto e ciò-che-mi-aspettavo-di-vedere. Il tutto unito al desiderio reale di bypassare il confine che scinde la superficie dalla profondità. La sola disposizione, così come la sola predisposizione, non è sufficiente; entrambe o non se ne fa nulla.
Ho scritto un articolo poco ortodosso, me ne rendo conto. Il punto è che.
Ci giro tanto attorno ma il nucleo rimane invariato: la vita di relazione è sì complessa ma non è completa. "Ogni individuo è unico". "Il mondo è bello perché è vario".
Sì, e rosso di sera bel tempo si spera