1. "Tu non giudichi mai."Io non giudico mai; è fondamentalmente vero. Una buona tendenza, non lo nego, eppure scomoda, difficile da inquadrare. La realtà è che proprio fatico ad esprimere un giudizio sull'altro, anche (e soprattutto) quando mi viene richiesto dal diretto interessato. Infatti, una delle domande che più mi imbarazza risulta essere: "Cosa ne pensi di me?". Sono sempre restia a rispondere poiché una volta fuori dalla bocca quanto detto non è più recuperabile. Anche il saper dosare le parole non sempre è sufficiente a sviare l'attenzione, ad incanalarla là dove vuoi che arrivi. Mi spiazza il dover sintetizzare considerazioni relative alla persona che ho di fronte, così come il lasciarsi andare a commenti che se strappati dal loro contesto perderebbero tutto il loro valore. Ogni persona che entra in relazione con me deve percepire di possedere un posto riservato nella mia testa, un luogo in cui è ben certa di poter trovare tutto ciò che penso di lei, senza però potervi accedere. Questo è il sacrificio richiesto, in cambio del noleggio dello spiazzo. Va da sé che io difficilmente mi sbilanci; non è un non volersi esporre per timore delle reazioni bensì un volersi cullare nelle braccia dei pensieri che cambiano, integrandosi o demolendosi. Capisco la curiosità di voler accedere in modo diretto a ciò che pensa l'altro di noi, ma ciò ostacola l'espressione indiretta dei medesimi contenuti. Non chiedetemi quindi niente di globale; concedo solo frammenti, sempre che siano aggrappati a situazioni mirate e mai svincolati da esse.
Senza sfondo, anche il protagonista smarrirebbe il proprio ruolo.
2. "Riesci a vedere il lato positivo in ogni persona."Riesco a vedere il lato positivo in ogni persona; è parzialmente vero. Ciò che arrivo ad intravedere, se vogliamo, è la giustificazione intrinseca ad ogni evento che la vita mi propina. Questa non è buona tendenza, per ovvie ragioni. Studiare psicologia è la formula perfetta, il codice che permette l'ingresso in quella magnifica stanza che è la comprensione. Il problema qui è riuscire a distinguere cosa sia più scusabile e cosa meno; contrariamente si tende a costruire una motivazione accettabile per ogni situazione e dinamica dell'altro. Il "lato positivo" che risiede in ognuno di noi è lì in bella mostra e non richiede sforzo di alcun tipo se non l'accostarsi predisposto alla comunanza.
3. "Ascolti ed osservi tantissimo."Ascolto ed osservo tantissimo; è totalmente vero. Forse due delle attitudini che più mi caratterizzano, da un tempo indefinito. Parto dalla convinzione che tutto il trasmissibile transiti attraverso il canale comunicativo del linguaggio verbale, di natura a braccetto con il non-verbale. L'uno satura le lacune dell'altro, in un continuum che copre l'arco dell'esperienza relazionale. Spesso realizzo di stare esponendomi troppo, con gli sguardi, perché percepisco la nebulosa della soggezione. È necessario essere avvezzi al contatto non dissimulato con l'altro se l'obiettivo è quello di sostenere due occhi che sembrano scrutare nei ghetti interiori. Così come il calibrare le parole, molte volte considerato come mancanza di cose-da-dire. Niente di più sbagliato, poiché ci vuole estrema cura ed attenzione nel saperne dosare la giusta quantità. L'effetto è stimolare interesse nonché il desiderio di aprirsi sempre di più, a piccoli passi, felici di essere stati presi per mano. Il fine (perché un fine c'è) è condurre l'altro in luoghi che da solo faticherebbe a raggiungere o che, se raggiunti, troverebbe complessi da esplorare.
Il fatto è che io mi ciberei dei meccanismi che soggiaciono all'instabile equilibrio dell'individuo.