Una pillola scontata ma piuttosto interessante: se non trovi la persona ideale è perché tutte, potenzialmente, possono andare bene. Dal momento che, oggigiorno, si abusa di ogni termine (soprattutto se di matrice psicologica), ne approfitto pure io: una sorta di relativismo amoroso?
Mi stringo all'idea di Feyerabend secondo la quale è impossibile definire cosa, nel mondo, possa essere degno di rivestire una posizione privilegiata, lungo la via che conduce alla conoscenza. Come assimilo la scienza al mito, la religione alla magia, così non ho alcun potere di decidere quale sia lo strumento per mezzo del quale trovare risposte soddisfacenti ad ogni interrogativo che costella il quotidiano. Perché, se vogliamo, anche individuare una persona che ci rimanga accanto per un particolare periodo di tempo è una delle risposte auspicabili ai propri desideri. Laddove considerassimo ogni uomo (ogni donna) alla stregua di soluzioni diverse di un medesimo rompicapo, come fare per scegliere "quello giusto" se immersi in opzioni tutte di egual valore?
Concorderete con me nell'affermare che una tra le più abusate giustificazioni al proprio ed altrui agire sia: «Sono fatto così e non posso farci nulla». Quel "così" che racchiude un mondo tanto misterioso quanto irraggiungibile, per colui che osserva dal di fuori. Verrebbe sempre da chiedere: «Così come?». Ma dal momento che sono pochi quelli che si prendono la briga di riempire il "così" di informazioni per cui valga davvero la pena compromettersi con un'affermazione in tal misura priva di una sostanza effettiva, sembrerebbe che piaccia permanere nell'indefinitezza delle proprie posizioni. Capisco che a volte lo si faccia per risparmiare tempo, altre per liquidare un discorso ostico, altre ancora perché le frasi fatte esercitano sempre un non so che d'effetto, ma... siate sinceri con voi stessi. Credete di semplificare lo sforzo interpretativo di colui che vi tende un orecchio nell'obiettivo di ascoltare le vostre considerazioni? Non metto in dubbio, anche se vorrei, che siate grandi intenditori di voi stessi e che ciò vi valga la medaglia d'oro in
self-consciousness, però sembra d'obbligo pensare anche a chi vi siede davanti.
Un esempio.
Se mi sento ripetere da dieci uomini diversi: «Tu puoi capire. Sono fatto così, ho pochi pregi ma molti difetti, come tutti», cosa pensate potrei trarne? Forse solo che ad ogni ripetizione aumenta la mia avversione per i luoghi comuni. Comodo pensare che sia io a dovermi sporcare le mani per dare un nome al pregio x ed al difetto y, quando invece dovrebbe essere intrinseca all'altro la voglia di manomettere una costruzione di pensiero tanto mancante quanto fastidiosa. Questo è come sostenere di non poter cambiare, una convinzione che rende l'individuo schiavo dei propri schemi, rigido, e per niente disponibile a stringere mano alla flessibilità. Che poi, cosa c'è di meglio del riuscire ad adattare la propria persona alla mutevolezza degli eventi? Laddove si rimanga uguali mentre tutt'intorno evolve, non è possibile di certo essere considerati dei buoni viaggiatori.
Una parola tanto cara alla biologia (ed anche a me) racchiude il senso di ogni questione: "adattamento". Quando realizzi che nulla di esterno combacia con i tuoi confini, non puoi che rimodellarne la superficie; è semplice. Quale sia il modo è peculiarità di ognuno, strategie che sono il frutto di pratica, prove ed errori. Forse, il piccolo nucleo che non cambia è l'unica certezza che un qualcosa di stabile ci sia; una nicchia isolata ma non per questo non influenzabile. Ogni fattore è una fonte di discussione, nonché una sorgente di dubbio.
Perché arrovellarsi nella ricerca dell'ideale quando invece potremmo godere dei benefici dell'accettazione del più adatto, a seconda del momento e della fase del nostro avanzamento cognitivo-affettivo? I matrimoni non si sfasciano a causa di facebook, così come le coppie non esplodono per meri capricci: muta l'ambiente e la persona intelligente (in senso psicologico rigoroso) si riconfigura. Ora, le caratteristiche dell'Altro che meglio collimavano con i miei confini non riescono più ad incastrarsi, come in precedenza, bensì creano dei
gap d'incomprensione destinati solo ad espandersi. Un vuoto che si allarga è la cruda immagine della lontananza.
Ecco perché ad ogni periodo sembra corrispondere una specifica gamma di uomini o donne con cui si costruiscono relazioni; sempre considerando affidabili le categorizzazioni prodotte, s'intende. Lascio chiudere ad un'amica che di frequente mi ripete:
«Tutti io li trovo. La fase di quelli-delle-ex, poi gli storditi, i depressi, e adesso il periodo Dj! In comune hanno che tutti che non ci arrivano».