venerdì 23 giugno 2017

https://correlazioniTuttigusti+1.SHHH!

Oggi mi sento un po' capra e, come tale, vorrei esprimere la mia belante opinione rispetto ad alcune questioni oscure rivelando, per bontà d'animo, vari segretucci che alleggeriranno la vita di qualche isolato lettore. Il tutto può essere più o meno riassunto come segue.
Un giorno qualunque, in Italia, un gruppetto di persone (con poche variazioni, il medesimo del Fertility Day) capisce che il modo più efficace per promuovere il benessere e la salute è vincolare un ben più ampio gruppo di persone a vaccinare e vaccinarsi senza pietà. Dato il flop delle campagne a suon di motti (di spirito) e slogan imbarazzanti, s'è giustamente pensato alla pressione psicologica facendo leva sull'unica "cosa" che ancora conta per l'italiano medio, a pari merito con lo smartphone e alcuni ideali di vecchia data: il proprio figlio. Il giorno seguente, sempre in Italia, un altro gruppetto di persone ha iniziato ad arricchirsi di sapienza googlando su ivaccinisonoladeath.nonono e ohmeopa'dresalvamitu.otite.fuckmed, alla ricerca di una lista di mirabolanti argomenti al fine di non farsi trovare impreparato in occasione dei più raccapriccianti e agguerriti dibattiti da Mojito. Un sottogruppo, capitanato da quelli che "i nostri figli non si toccano" e "libera scelta", è persino sceso in piazza magari dimenticandosi, inconsapevolmente eh, uno di quei figli dentro l'automobile. Risultato: tutti scontenti, arrabbiati, eppure irremovibili nei rispettivi fondamentalismi.
Non è difficile, lo si impara da piccoli: obbligare a fare o proibire di fare sfociano nell'esatto contrario anche, e soprattutto, se gli intenti sono nobili. Nonostante l'ennesimo scivolone burocratico, è altresì vero che essere anti-qualcosa possa rendere parte di una comunanza privilegiata, assoluta, quasi "magica". Il prefisso anti- divise persino latini e greci, i primi con l'accezione di ante (ovvero "davanti" o "prima", rispettivamente nello spazio e nel tempo) mentre i secondi con l'accezione di antì (ovvero "contro" o "all'opposto di", sebbene bizzarro sia il caso di antilope, letteralmente "simile a un cervo"; gomblotto gomblotto). Le persone si stringono attorno a un falso mito forse poiché presentato in maniera più coinvolgente (chi se lo ca...lcola uno scienziato che "parla difficile"); si affidano ai consigli di persone poco dissimili per convinzioni e battaglie; si inorgogliscono parlando di questioni che, per limiti culturali e accademici, non possono comprendere appieno. In questo modo fomentano le motivazioni uguali e contrarie degli anti-anti-qualcosa, entro un loop di rimpalli senza fine.
Pensandoci bene, la Medicina ha due avversari belli tosti da fronteggiare, la malattia organica da un lato e la malattia psicogena dall'altro (mo serve la Psicologia, eh?). Pensandoci meglio, chi si occupa di salute ha un "nemico" comune: la divulgazione (in)controllata di gigacazzate.
Ora, da capra in mezzo a tante, torno al mio Topolino, alla ricerca di qualcosa da rifilare per controbattere al primo anti-banane di turno.

giovedì 22 dicembre 2016

Facciamo a palle di neve.

Anche quest'anno, inesorabilmente, siamo a Natale (ti ricordi L'implosione natalizia?). Quindi quindi, siamo più buoni e questo vuole dire che siamo anche più sinceri. Da quando studio psicologia, da ieri sebbene sembrino anni, anni sì di afflizioni trrremende, ho imparato ad attenuare quella tendenza che ci rende tanto umani e tanto fragili, ovvero il raccontarci molte belle balle di Natale e non solo quelle; piccole bugie che aiutano a sentirsi migliori, di cui ci convinciamo, che difendiamo senza sentire ragioni, che cantiamo sotto la doccia così le sappiamo a memoria e suonano meno improbabili.
Si patisce comunque.
Dicembre mi rende rissosa, mi fa pensare a una delle più grandi balle della storia (stavo per scrivere della civiltà ma ahahah, no), la religione. Ecco, sono già incazzata.
Gli anni vanno su anche per me e, come si è prodigato a ricordarmi il Fertility Day, la mia clessidra uterina tra poco rimarrà a secco di ghiaia; le lancette dell'orologio si fermeranno; gli ormoni del terrore faranno la pace con loro stessi; il Sacro Collo assomiglierà sempre più a quello di Costanzo; il Pendio di Venere vedrà dissolvere la florfauna e, cosa peggiore tra le peggiorissime, il piccolo pene rudimentale rimarrà irrisolto nel complesso della sua vera identità e nessuno più imparerà che è un bistrattato sostantivo femminile. Bisogna darsi da fare, sacrificarsi alla causa, tirare fuori dal cilindro (mai come in questo caso) il frutto del piùomeno amore e... battezzarlo, iniziarlo alla fede. Per i cattolici poi, gli antiscritturali per eccellenza, prima è meglio è. L'essere umano, purtroppo, paga caro il privilegio cognitivo dell'interpretazione.
La religione dovrebbe essere una scelta, o una non-scelta, consapevole, il frutto di riflessioni accurate, di studio e di propensione. Dovrebbe essere accolta in funzione di ciò che garantisce e di ciò che veicola, non della collocazione geografica o delle "tradizioni". Dovrebbe essere valutata in modo critico, soprattutto sulla base delle vittime che s'è lasciata alle spalle e degli omicidi che ancora intende compiere. La religione professa l'amore ma si inciccionisce di economia e di politica, annebbia le coscienze, toglie il pane vero ed elargisce quello "spirituale". Vivere di aria, dicevano. Più generazioni battezzate e più generazioni bestemmiano, ma cosa pretendete, non è cattiveria bensì il risultato inevitabile del non avere capito e interiorizzato il senso del perché non andrebbe fatto. Devono ancora nascere e già sono maschilizzati o femminilizzati, cristiani, vegani, eterosessuali convinti. In una parola, condizionati; in un'altra parola, violati. Ecco allora il vero peccato originale, il primo gesto di sfiducia e di imposizione che compiamo verso le creature che dovremmo amare e accettare incondizionatamente anche, ma soprattuto, se non ci somiglieranno affatto.

Tanti auguri.

mercoledì 30 novembre 2016

Tante care cose.

Sono vergognosa. Un anno senza scrivere minchiate; ho davvero rimesso la testa al proprio posto. Purtroppo, la conseguenza di aver riparato un qualche ingranaggio, il prezzo di aver oliato il sistema, è stata il reset delle idee; delle migliori, almeno. Per un lungo periodo mi si è rammollita la tempra cinica e, senza di lei, nulla aveva il senso di essere scritto. Ma ora sono tornata, più io che mai, rinnovata nella Forza dell'invettiva.
Per recuperare l'intimità perduta con il pennone virtuale, inizierei con uno screenshot:

Il perfetto esempio di cosa sia una specificazione inutile ed inefficace, un'alzata di bacchetta fuori tempo che sfasa l'entrata degli ottoni, in orchestra. In questo caso, per quanto possa condividere la battaglia alla scontatezza, il bisogno di puntualizzare tradisce un substrato culturale incasinato, non più in grado di manipolare i concetti e le idee fondanti dell'individualità. Penso sia assurdo che ancora si debba manifestare per il diritto ad essere atei, ad essere omosessuali, ad essere produttivi, ad essere liberi di gestire i propri genitali, ad essere donne. Forse sbagliamo a chiamarli diritti, soprattutto se appiccichiamo loro etichette come umani o naturali; altre specificazioni sterili ed incerte. Ci crucciamo nel tentativo di imbrigliare la complessità aggiungendo, o addiruttura inventando, "targhette", con la convinzione di guadagnarne in termini di immediatezza. Qual è il risultato di questo turpe lavoro? Allontanarsi dall'idea maxima e lasciare si disperda nella nube delle precisazioni. Sfiderei a non essere confusi; al di là dell'opinione politica, che sia una riforma, un cartello appeso nei peggiori bar di Caracas oppure un qualsiasi elemento sul quale andrà a porsi, anche involontariamente, la nostra attenzione.
Per gli italiani veri: andate, anzi, fiondatevi a votare.
Per i fortunati italiani all'estero: andate, non "mandate" a votare.
Per i dimenticati studenti fuorisede: c'è chi voterà per voi (uhm).

martedì 15 dicembre 2015

Questioni aggregazionali.

Se c'è un qualcosa che mi fa soffrire, nel concetto di latenza, è la ricerca gretta e disperata di giustificazione. Perché di quiii, poiché di lààà. Ora, dovete scusarmi. Da quanto sarà che non scrivo? Il fatto è che ho iniziato la Magistrale e, vivendo altrove, ho una casa a cui non posso far mancare lo stretto necessario affinché possa definirla tale. In più, devo alimentare il tentativo di tenere in piedi una vita sociale, evitando che i paper si accumulino intasando dropbox. Inoltre, ho così tante idee a cui non sono in grado di dare forma in modo indipendente! Ecco perché trovo davvero poco tempo da dedicare al blog e, di ciò, me ne dispiaccio (faccina triste).

In questi tempi poi, ho raffinato la tecnica del dare coerenza a questioni, anzi, suggestioni, che di logicità apparente non sembrano averne. Mi sono oltremodo specializzata e, che ci si creda oppure no, le persone sono felici e tacitamente ringraziano per aver trovato il fessacchiotto a cui delegare il compito. Vuoi essere buono, ma tanto, per Natale? Risolvi le contraddizioni nell'aere. Mmmh, dicevo. Ho così tante idee, un po' a casaccio, e sono in tal modo costipata da non riuscire a svilupparle singolarmente, che muoio dall'impulso di gettarle nel pentolone, farle bollire mescolando a tratti ed aspettare di gustare quello che ne verrà. Io non mi sbilancerei, sul risultato. Ciò che invece farei, per il processo. Hai presente da bambino, quando al ristorante creavi la pozione per la mamma, unendo il ketchup alla maionese all'olio ai grissini al sale allo zucchero al tovagliolo al cameriere alla coca-cola? Perfetto, meglio limitarsi alla meraviglia del fare che non del considerare. A proposito di cibo, mi piacerebbe giungere alla comprensione ultima del perché nessuna coppia sia mai "quel tipo di coppia". Un dilemma alquanto fastidioso quello che si propone quando nella prototipica occasione del dover fare il terzo, o il quinto, ad una cena, senti dire "non preoccuparti, noi non siamo così". Così come? Così peggio delle più bieche limonaie d'inverno? Il perché sia una frase tipicamente femminile, poi, apre a due considerazioni. O il partner vive nella convinzione, mai contraddetta, di fare in realtà parte di "quel tipo di coppia" oppure chi, io? Io ero single, da domani. Rimanendo ottimisti, forse basterebbe sfruttare la variante psicologica del non innescare quella che appare come un'allarmata risposta difensiva allo spiazzante e terribile "non me la sento di reggervi il moccolo" che sputate nell'occhio degli amici. Già in principio, il clima che viene a crearsi non è mica dei più auspicabili. In questo modo mica vi aiutate a superare l'impasse della singletudine. Tuttavia, questo è niente rispetto all'attanagliante mondo delle dinamiche gruppali, in senso letterale. Che poi, tutti i migliori lavorano in gruppo eh, i neuroni in prima linea, però valuterei anche la probabilità che unire le forze possa sottrarre risorse al singolo. Un po' come per quelle poche migliaia di neuroncini dell'area x che si vedono soffiare la preferenzialità di risposta dagli adattamenti compensatori degli ultimi arrivati. Ci potevate pensare anche prima! Dov'è andato a finire il gene egoista che sedimenta in ognuno di noi?

mercoledì 16 settembre 2015

Un'epoca in cui.

Camminare è un buon esercizio. No, non per il fisico.

Vivo in un'epoca in cui non posso uscire a fare sport in pantaloncini e canotta che subito vengo guardata e bramata come fossi la più consumata delle troie.

In un'epoca in cui non posso difendermi laddove un uomo abbia già deciso di volermi a ogni costo.

In un'epoca in cui ho un partner che si compiace nell'espormi come un bell'oggetto anziché proteggermi dagli sguardi insistenti altrui.

In un'epoca in cui abusare di una donna fa guadagnare un video su YouTube, due selfie e migliaia di commenti divertiti.

In un'epoca in cui non basta sia dipendente sul posto di lavoro, ma in cui è necessario lo sia anche tra le pareti di casa.

In un'epoca in cui se dico di volermi iscrivere a un corso di autodifesa vengo derisa.

In un'epoca in cui lievemente femminile sono una cagna e lievemente maschile sono una cessa.

In un'epoca in cui non arrivo a guadagnare lo stipendio di un uomo nonostante svolga meglio il suo lavoro.

In un'epoca in cui se le mie relazioni si sfasciano è poiché ho esagerato, tradito, ingannato, distrutto, illuso, ignorato, mentito, pensato solo a me stessa.

In un'epoca in cui mi rinfacciano che «Avete voluto le pari opportunità?» solo perché a me pagano da bere.

In un'epoca in cui devo abbassare lo sguardo affinché non venga scambiato per una provocazione.

In un'epoca in cui fatico a chiedere al partner del momento, o della vita, di fare l'amore con me, per paura di venire giudicata o respinta.

In un'epoca in cui se arrivo in cima alla gerarchia socio-lavorativa è solo perché me li sono fatta passare tutti.

In un'epoca in cui è inimmaginabile possa essere sia bella che acculturata, spiritosa, riflessiva, paziente, disponibile, presente.

In un'epoca in cui è scontato debba apprezzare i commenti vogliosi che mi vengono rivolti, perché è così che comanda la natura femminile.

In un'epoca in cui vengo ancora dileggiata perché ho il ciclo!

In un'epoca in cui se sono troppo intraprendente non riesco a conservare un partner per più di una settimana.

In un'epoca in cui o sono eccessiva o sono invisibile.

In un'epoca in cui mi chiedono quanto voglia, ricevo fischi dall'alto delle vetture, mi vengono rivolti gesti eloquenti dai finestrini, mi invitano ad accettare un passaggio.

In un'epoca in cui nemmeno le donne rispettano le donne.

In un'epoca in cui, nonostante ciò che sono costretta a tollerare, non sarei mai voluta nascere carnefice.




[All'altezza di Inezgane Ait Melloul, Souss-Massa-Draâ, Marocco; una foto che scaccia tutti i pensieri.]

venerdì 17 luglio 2015

Dal medico curante.

Mi sto ormai abituando al fatto che con l'avanzare dell'età aumentino, oltre ad altre cose come il peso, le rogne, i giramenti di pianeti e le insoddisfazioni, anche le uscite fuoriporta dal dottore, per una o per quell'altra causa. Nel corso delle mie escursioni, ho avuto modo di raccogliere del materiale interessante; si osserva ottimamente, in coda. Una realtà sfruttabile in più occasioni, del resto: in posta, al parco divertimenti, al supermercato; persino in chiesa in attesa dell'ostia. La differenza, se vogliamo, è che "la coda", dal medico di base, assume tutt'altra connotazione rispetto alle altre più sfortunate situazioni. E' un momento, anzi sono ore, di giubilo; e come ogni party che si rispetti, diverse tipologie di personalità ivi entrano in relazione.

#1, l'Egomirato.
L'anima della festa. Uno di cui senti la mancanza tanto quanto senti la presenza. La caratteristica di questo esemplare è che arriva sempre prima di te. Magari è già lì da tempo; forse è lì da sempre. Si dilunga in articolati discorsi trasversali, preferendo alcune dimensioni dello scibile quali la meteorologia, i malanni, l'idolatria (o l'anti-idolatria) politica e le proprie sventure. Essendo colui che direziona l'andamento degli scambi comunicativi, diventa difficile dirottare il focus su altri argomenti come per esempio non so, il silenzio. L'Egomirato ha solitamente un'età che permette lui di aver visto e sperimentato parecchio, senza per questo lasciar intendere che i propri contenuti siano anche sostanza oltre che forma.

#2, il Fatalista.
Un maestro nell'arte di volgere tutto in chiave negativa, sfrutta la lungaggine dell'Egomirato nel tentativo di far emergere tout court la propria visione della realtà. Spesso polemico, talvolta remissivo, permette all'emozionalità di soggiogarlo in vari modi: borbotta, si mangia i finali di frase, cerca ripetute conferme e rimugina prima di proferire parola. Pensa e ripensa. In questi termini, per esempio, l'Ipocondriaco risulta esserne una mera sottocategoria: il Fatalista dei sintomi, tanto per capire. Il nostro esemplare è vigile ed attento a cogliere ogni possibilità di manifestare il proprio disappunto rispetto a qualsivoglia questione, nell'augurio di scovare un suo pari. Un profilo sobrio è ciò che lo contraddistingue ed una tempra altalenante ciò che lo caratterizza.

#3, il Bendisposto.
Tipico esemplare da branco, sebbene non ami competere per il territorio. Lui preferisce cooperare. Seduto placido al proprio posto, ha occhi ed orecchie ovunque, pur distogliendo a fatica l'attenzione dal ninnolo elettronico che tiene tra le mani. Si riconosce perché è il solo che non si prende il disturbo di dissentire; ha insieme caldo e freddo, non sa ben dire se sia lì per una ricetta oppure per una diagnosi, è sia di destra che di sinistra che apolitico, partecipa commosso alla malasorte dell'Egomirato esasperando convinto i turbamenti del Fatalista. E' quello che puoi convincere a fare il lavoro sporco per conto tuo, quello che si prende le colpe, quello che è troppo impegnato ad essere distratto. Di positivo ha che non bisticcia con nessuno.

#4, l'Esonerato.
L'esemplare che non sarai nemmeno una volta, pur essendo un ruolo contagioso che osservi passare di mano in mano. L'Esonerato è colui che possiede il privilegio di aggirare l'attesa esibendo la carta del "devo solo ritirare" un qualcosa. Si pone alla stregua dell'ometto che si presenta alla cassa del supermercato con in mano un Derby Blue mentre tu gli stai davanti con il carrello da spesa bimestrale. Cosa fai? Lo lasci passare. Poi magari ti accorgi che aveva accuratamente nascosto un cestino da qualche parte e che, come spesso capita, hai sottovalutato il potenziale Esonerato che risiede il lui. Il profilo rimane incerto poiché di elementi cronici, di Esonerati di tratto, a quanto pare, ve ne sono pochi. Per l'Esonerato di stato, recuperabile, è ancora possibile chiudere un occhio.

#5, l'Instancabile.     
Al pari dell'alcol o della musica in ogni party che sia tale. Anche laddove ti capitasse di andare dal medico una volta a quinquennio lo troveresti in attesa, magari persino accasciato sulla medesima sedia. A tratti, potrebbe essere confuso con l'Egomirato; del resto, conosce tutti ed interagisce con chiunque. A differenziarli, però, è il fatto che l'Instancabile sembra aver appreso i propri argomenti a memoria e non faccia altro che ripeterli a ruota, come d'abitudine. Non manifesta lo slancio entusiastico tipico dell'Egomirato. Pensandoci bene, potrebbe esserne l'evoluzione. Se possiedi poche misere certezze, la vicinanza di questo esemplare non dovrebbe che infonderti speranza. Così immutabile, confortante ed appagato per aver trovato il proprio posto nel mondo.
 
#6, quello che sta fuori dalla porta.
Senza dubbio, il mio preferito. Il tempo di arrivare, chiedere chi sia l'ultimo e ricapitolare fuori. Che si ghiacci oppure arrostisca non importa; uscirebbe anche se subito dopo fosse il suo turno. Non si capisce cosa di preciso lo urti e perché non riesca a convivere con il circostante, se siano le persone oppure le pareti ad infastidirlo, se sia una questione di vena alternativa, di umore, abitudine o propensione. Di certo, intuisci che sta pensando al modo migliore per sopprimere l'Egomirato e che, se mai lo trovasse, non avrebbe alcuna titubanza a condividerlo con te. E' un esemplare dai modi garbati, uno dei pochi che saluta sia all'inizio che alla fine del suo breve viaggio. Uno a cui la parola "soglia" evoca intense e piacevoli rimembranze.


Per concludere, credo che andare dal dottore sia diventato un po' come andare a teatro: ci si va per un reale bisogno e per ascoltare buona musica, oppure per fare a gara di problemi ed aspettare l'intermezzo per bersi un drink nella hall.

sabato 9 maggio 2015

L'amore al tempo delle calamite.

In fisica, un polo magnetico è una porzione di spazio caratterizzata da un flusso, il quale può essere entrante (sud) oppure uscente (nord). Legge vuole che ogni polo sia sempre accoppiato al proprio opposto, in una configurazione nota come "dipolo magnetico", un modello nel quale le due cariche magnetiche si trovano a essere rigidamente connesse.
Fateci caso; la scienza non piace a nessuno se non fino a quando diventa un funzionale terreno epistemologico entro cui fomentare profonde e tormentate speranze rispetto ad argomenti che interessano fortemente. Uno di questi è l'amore. Oggi desidero schierarmi contro l'abuso del motto "gli opposti si attraggono", non tanto perché sia falso bensì poiché parzialmente vero.
Cominciamo dalle distinzioni banali, quelle che per la maggiore piacciono ai deboli di spirito, inscrivendo le coppie nel panorama dell'animale uomo (onde evitare incresciosi fraintendimenti su quanto possano essere verosimili incroci di altra natura). Uomo-Donna va bene, è il Senior degli opposti. Tutto il resto è noia perché ancora nessuno è riuscito a risolvere l'arcano di "buchi" mancanti da un lato e "buchi" in eccesso dall'altro. Bianco-Nero (grigiognolo, marroncino e tutte le sfumature che preferite) già inizia a non andare; il perché è incerto, forse dovuto a discromatopsia congenita. Vecchio-Giovane questo piace, eccome se piace! Specialmente a chi preferisce pensare che sia meglio sentirsi giovani da vecchi anziché vecchi da giovani. Ricco-Povero questo è un dilemma; sono infatti troppe le variabili da considerare. Con Bello-Brutto raggiungo l'apice della banalità e, sincera, non saprei nemmeno cos'altro aggiungere. Ah sì! Che la questione è soggettiva, e me ne lavo le mani.
Addentrandosi nelle distinzioni più sottili, poi, è possibile strutturare una pressoché infinita gerarchia di combinazioni utilizzando il sempre caro concetto di "carattere". Di primo acchito, verrebbe da chiedere se le persone si riferiscano al temperamento oppure alla personalità e, di conseguenza, se parlino di biologia oppure di psicologia e, di conseguenza ancora, se siano consapevoli di ciò che dicono oppure ingranino la quinta per sentito dire o per partito preso. Diventa così difficile divincolarsi in un tale marasma di specificazioni a matrioska che forse sarebbe una saggia decisione dedicare parte delle proprie risorse ad attività meno impegnative. Non so, fare m'ama-non-m'ama con le margheritine, per esempio.
Nella patologia, invece, accade qualcosa di bizzarro, a tratti inspiegabile. Uno tra i casi che più fa riflettere, una questione forse dovuta al fatto che possieda una componente non indifferente di "volersi fare del male", coinvolge le due polarità fobiche: i dipendenti da un lato e gli autonomi dall'altro. I primi compensano ciò che è mancato ai secondi e i secondi ciò che è mancato ai primi. L'attrazione è intensa e la fase d'innamoramento è complessa; il rischio è che sul lungo periodo i due partner finiscano per lanciarsi i piatti anche durante il sonno. L'ideale prototipo di amore fatale.
Potremmo dibattere proficuamente trovando molti altri esempi, eppure il cuore pulsante dell'intera questione pare risieda, in modo trasversale a qualsivoglia caso, nella temporalità. L'attrazione inizia e si conclude in un tempo finito, sfociando in unione nell'amore o in dissoluzione dell'amore. Del resto, da nessuna parte è scritto che due magneti debbano rimanere per sempre connessi, almeno non fino a quando un movimento esterno eserciti una lieve pressione che arrivi a disgiungerli.
Forse è quanto accade a tutti quegli opposti che si attirano; per un breve periodo, finché amore non li separi.