«Quando non so più cosa fare, rifletto.»
«Quando rifletto, non so più cosa fare.»
Tre affermazioni separate da un abisso.
Nel primo caso, il tipico esempio dell'istintivo: prima si agisce e successivamente si considerano gli antecedenti e le conseguenze. Lo spazio concesso alla componente verbale razionale è ridotto ai semplici titoli di coda perché ciò che conta sono le scene appena terminate.
Nel secondo caso, il tipico esempio del rassegnato: si provano tutte, alcune per dovizia di particolari si ritestano, ma i risultati lasciano un po' il tempo che trovano. Come ultimo appiglio, addentare un frutto, seppur acerbo, del pensiero. Legherà lievemente in bocca, ma è sempre meglio che morire per fame di risposte.
Nel terzo caso, il tipico esempio del rimuginatore: e qui la questione si complica.
Il rimuginio rappresenta una tipologia particolare del pensare caratterizzata da una sovrabbondanza di pensiero verbale con polarità negativa, evitamento cognitivo ed inibizione della processazione emotiva (Borkovec, 1998). Detto in altri termini:
- dal punto di vista quantitativo, il tempo che dedico a congetturare l'eventualità di esperienze future negative è pervasivo: una tendenza a previsioni catastrofiche che conduce, per esempio, al considerare sistematicamente l'ipotesi peggiore contenuta in un ampio spettro di possibilità;
- sfrutto una modalità di conoscenza basata sull'estraniazione: interna, quando non avverto emozioni e pensieri se non sotto forma di malessere, esterna laddove escludo qualsiasi verifica rispetto alle mie convinzioni;
- il mio disimpegno dal materiale emozionalmente carico ha una massiva influenza sulle risposte fisiologiche prodotte dalla divisione simpatica del sistema nervoso autonomo: tale gestione razionale delle emozioni sgradevoli, pertanto, mi tutela dall'ansia.
Da ciò risulta in qual misura il rimuginare possa determinare alcuni stati maladattativi in cui l'inibizione di emozioni spiacevoli è la miglior complice nel persistere delle emozioni stesse, nonché lasciapassare per viziosi processi psicopatogeni di mantenimento.
Viene da chiedersi allora, date le inevitabili conseguenze, perché il rimuginio venga impiegato come utile strategia d'approccio al contesto interno ed esterno dell'individuo che ne fa uso. Tradizionalmente, il riferimento si distingue se vengono considerati scopi sul breve oppure sul lungo periodo. Alla prima categoria appartengono i casi di rasserenamento transitorio, nei quali il rimuginio riesce ad attutire il tanto temuto impatto distruttivo originatosi dall'attivazione neuropsichica delle emozioni negative. La convinzione è che «più ci penso e meno mi angustio». Per contro, alla seconda categoria appartengono i casi in cui ti convinci che è grazie al rimuginare se risolvi uno dei tanti problemi che ti attanagliano, un'illusoria strategia di problem solving, poiché l'elaborazione di piani d'azione efficaci viene ostacolata dalla mancanza di un anche minimo grado di concretezza nell'elaborazione mentale dell'informazione. A volte, poi, ad una soluzione ci si arriva ma sarebbe meglio se se ne diffidasse: per la maggiore, infatti, si riscontrerà essere sbagliata. Ancora, sul lungo periodo il rimuginio aiuta, se così si può dire, a distrarsi da previsioni ostili; alcuni studi, per esempio, dimostrano come uno "worrier"* abbia "una rete di associazioni di eventi previsti negativi molto più ricca dei "non-worrier" (Vasey e Borkovec, 1992). Questo implica che il pensare in chiave negativa estenda, di volta in volta, il sistema associativo che accorpa le convinzioni disadattive di cui è schiavo il rimuginatore. Un terzo scopo si riconduce, se vogliamo, ad una funzione cara all'ansia psicogena, ossia all'anticipazione. In questo caso, l'individuo non cerca soluzioni pratiche ai suoi guai bensì allestisce uno "scudo emozionale" con l'obiettivo di prepararsi al peggio. La convinzione è che «pensare non mi aiuta a risolvere i problemi ma, laddove arrivassero, farà in modo che io possa sopportarli meglio».
Rimuginare arena in una posizione di stallo e procrastinazione perenne, sostituisce le normali strategie di risoluzione delle difficoltà e blocca l'accesso ad alternative percorribili rispetto agli scopi che è intenzione dell'individuo preservare. Rende vana la propensione (funzionale) a previsioni catastrofiche poiché induce alla contemplazione del "carattere terrifico" di una data situazione, impedendo la strutturazione di scenari entro cui questa potrebbe essere elaborata, di certo, in maniera più costruttiva.
* worrier: termine inglese che traduce l'italiano "rimuginatore". Da "worry", letteralmente "preoccupazione": tiene conto di una lieve sfumatura di significato, facendo riferimento alla componente emozionale del rimuginio.
Rimuginare arena in una posizione di stallo e procrastinazione perenne, sostituisce le normali strategie di risoluzione delle difficoltà e blocca l'accesso ad alternative percorribili rispetto agli scopi che è intenzione dell'individuo preservare. Rende vana la propensione (funzionale) a previsioni catastrofiche poiché induce alla contemplazione del "carattere terrifico" di una data situazione, impedendo la strutturazione di scenari entro cui questa potrebbe essere elaborata, di certo, in maniera più costruttiva.
* worrier: termine inglese che traduce l'italiano "rimuginatore". Da "worry", letteralmente "preoccupazione": tiene conto di una lieve sfumatura di significato, facendo riferimento alla componente emozionale del rimuginio.
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