giovedì 4 settembre 2014

Donne du du du.

L'amico Freud è morto chiedendosi cosa davvero volessero le donne; io spirerò chiedendomi se esista o meno la solidarietà femminile.
C'è chi, ad inizio anno, stila la lista dei buoni propositi. Già di per sé, un buon proposito. E poi c'è chi come me si diletta in elenchi ben più inutili tuttavia divertenti: uno fra tutti, il 3W-WAW. Women With Women-Women Against Women. Ogni giorno infatti, in un modo o nell'altro, compaiono fatti che supportano oppure distruggono l'ipotesi che la vicinanza fra donne non sia una leggenda metropolitana alla Sex and the City.
Un giorno dico sì, la solidarietà femminile vivacchia tra noi. Esiste perché esser donna non è una scampagnata con cestello da picnic e sapere che siamo tutte sulla stessa barca potrebbe semplificare alcune questioni. Se non altro, in virtù della zavorra biologica che siamo costrette a sopportare.
Un giorno dico no, la solidarietà femminile ha tirato le cuoia (o forse manco mai è esistita). Proprio in funzione del fatto esser donna non sia cosa facile, s'attacchi quell'altra che ricorda la mia condizione.
Nella lista 2 cade la prima considerazione: è difficile trovare una donna che voglia bene a se stessa.
Qualunque sia la ragione, sarà sempre portata ad indirizzare la negatività che estrae dagli eventi (impossibile vedere solo in bianco) verso un proprio lato di personalità; solitamente l'appartenenza di genere. Ne consegue l'attribuzione interna della x variabile sgradevole ed il rimuginare sul perché non fili tutto liscio. Ma, notare! Vedere nero non ne ha mai direttamente implicato l'esistenza. Il verso giusto raramente sarà giusto abbastanza, mentre quello verosimilmente sbagliato lo sarà di certo.
Anche la seconda considerazione cade nella lista 2: voler bene all'amico è molto più semplice che non all'amica.
Per argomentare, devo addentrarmi nell'attanagliante universo dell'amicizia fra donne; già ne temo i frutti. E' consapevolezza comune che il concetto del "best friend" sia centrale nella concezione femminile del vivere di relazione. Molto più che per i ragazzi, per le ragazze vale la necessità del contatto ristretto con una simile. Una di quelle persone con cui condividere le proprie gioie ed i propri turbamenti, successi ed insuccessi, conquiste e privazioni. Una di quelle persone con cui condividere il letto, i vestiti, il cibo; le amicizie. Talvolta anche gli amori. Ci si può chiedere, non è forse solidarietà questa? Io mi rispondo che no, non lo è. Nello specifico, in virtù del fatto i legami morbosi difficilmente risultino essere solidali. Soprattutto poiché gli effetti vanno in direzione opposta rispetto alle aspettative: l'attaccamento sfocia nell'emulazione, il contatto nella gelosia, la presenza nell'invidia. Le piazzate migliori avvengono quando una delle due intraprende la vita di coppia, passo che non induce necessariamente a cambiare ma che appare sufficiente per far dire all'altra che non sei più la stessa. Traducendo il gergo dialettale, mia nonna diceva a ruota che "le amiche sono sempre abbastanza amiche ma mai amiche abbastanza".
L'amicizia fra uomo e donna è invece più semplice: non percepisci il bisogno di doverti ad ogni costo sintonizzare sul pensiero dell'altro, lo scambio comunicativo è pari seppur tra dissimili, non devi fingere di apprezzare ciò che apprezza l'altro per il quieto vivere ed il disaccordo di certo non demolisce il ricordo dei vissuti comuni.
La terza considerazione rientra anch'essa nella lista 2 (comincio a chiedermi se non abbia già definito per quale delle due opzioni propendere): le donne sono spesso più inclini al giudizio ed all'etichettatura delle altre donne rispetto agli uomini.
Roba di tutti i giorni, gli insulti di genere. Ne sono tappezzati i social, nonché la vita reale. Da parte degli uomini non è nulla di nuovo: qualsiasi motivazione giustifica l'attacco gratuito alla femminilità. Quando però sono le donne stesse ad infierire, viene spontaneo un tentativo di spiegazione. Io ci provo spesso, ma ogni motivazione che trovo m'appare più stupida ed inconcludente dell'altra. 1. Non c'è più quella netta divisione uomo-donna tale per cui le credenze dell'uno debbano contrastare con le credenze dell'altra. Tradotto, un'omologazione del sistema dei valori? 2. Il desiderio di apparire "uguali" agli uomini, nonostante la palese diversità venga sottolineata di continuo, motiva l'agire femminile. Tradotto, dipendenza dal modello machista? 3. La proiezione del sentimento d'inadeguatezza personale nonché di pochezza intellettuale nell'affrontare questioni antiche come il mondo, vedi le discriminazioni di genere. Tradotto, il classicone dell'invidia? E l'elenco continua, coinvolgendo abduzioni più o meno biologiche, più o meno psicologiche. Direi non ce ne sia una plausibile, figurarsi attendibile.
Quarta ed ultima considerazione; inseritela voi nella lista corretta: è uno sforzo spesso eccessivo valorizzarsi in quanto donne.
Questo almeno finché il valore della femminilità verrà ritenuto una conquista e non un dato di fatto. Gli uomini hanno raramente dovuto dimostrare a qualcuno quale fosse il significato ultimo del loro esser nel mondo; al contrario di quanto è avvenuto ed avviene per le donne. Una partita individuale contro il senso comune che non lascia spazio a buonismi né tanto meno a gesti solidali; e qui sbagliamo. Così finisce che quella che insegue la carriera sia troppo emancipata, quella che si sacrifica ai doveri familiari una mediocre, quella single una sgualdrina, quella lavoratrice con famiglia una che ha osato troppo, quella che si fa picchiare tra le quattro mura di casa una che se l'è meritato. Un panorama nel quale non sembra rientrare manco un briciolo di quella che chiamiamo solidarietà.


Perché nelle favole non è il mago cattivo a gettare il malocchio sulle fanciulle bensì la strega malvagia? Perché nei miti Era non inizia a castigare Zeus invece che le donzelle con cui copula? Persino la letteratura mistifica il rapporto fra donne, enfatizzandone i conflitti.
Cos'altro aggiungere; penso morirò con molte più certezze rispetto a Freud.

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