Di esempi ne è piena la letteratura; chiunque s'interessi di psicologia deve sbatterci il naso, prima o poi. Le interpretazioni si accavallano, a volte completandosi, altre demolendosi. Per esempio, sappiamo cosa fare ma non come procedere: "Il trauma va rielaborato". Sì, ma come? Parlandone fra me e me? Condividendolo con un estraneo? Vomitandolo in bocca al mio amico più caro? Sperando che transiti nel dimenticatoio, sospinto dal tempo? Ancora, sappiamo cosa non fare ma sembra che si padroneggino tutte le strategie che lì riescano a condurre: "Non ricercare l'esperienza soggettiva che conferisce significato al trauma nell'evento in sé." Eppure, eccoci subito pronti ad additare gli antecedenti, le persone che ne crediamo gli artefici, il dio che non ci ha protetti, noi stessi poiché inetti, immeritevoli di tranquillità, non autentici.
Tuttavia, non è così caotico l'orizzonte. Per esempio, esiste un ampio consenso rispetto all'affermazione secondo cui "la mancata condivisione, sia reale che soltanto evocata, probabilmente non consente all'individuo di costruire un insieme di significati inseriti in un continuum narrativo [...] favorendo costrutti <<instabili>> o <<rigidi>> (Intreccialagli, 2005). Nessun riferimento concreto, anzi. A mio avviso, però, l'autore ci dona un dettaglio preziosissimo perché consiglia una condivisione che non sia necessariamente in termini di realtà. Integrare l'evento traumatico all'interno del racconto autobiografico permette la progressione della storia stessa e, di conseguenza, la maturazione del protagonista.
Nel costruire un edificio, può capitare di essere provvisti sia di mattoncini buoni che di mattoncini meno buoni. Per questo, è possibile colpevolizzarsi solo per la scelta del fornitore, non di certo per il materiale ricevuto. Le persone, in quanto costruttori attivi, hanno il pieno potere decisionale e possono scegliere di utilizzare o meno i mattoncini di materiale più scadente. Sono inoltre consapevoli di quanto sarà difficile riuscire ad integrare in un tutto armonico gli elementi discordanti, ma ciò non è detto che porti a desistere. Perché le persone desiderano solo che le proprie opere abbiano un significato particolare, indipendentemente dalla mole di risorse investiteci.I traumi non rendono più vulnerabili; se metabolizzati, infatti, possono contare sul sostegno dei punti di forza (i "mattoncini buoni"), della nostra personalità.
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