Navigando per l'oceano virtuale, ho incontrato diverse denominazioni (anche poco note e non universalmente accettate) del concetto di "bisessualità". Queste sembrano avere l'obiettivo di evidenziare, differenziandole, alcune manifestazioni tipiche di una categoria, non riscontrabili oppure lievemente sovrapponibili a quelle di un'altra. Come spesso accade, però, la smania di organizzare il conoscibile mediante etichettature di sorta induce a perdere ogni contatto con la dimensione globale della questione su cui viene posta l'attenzione. Ed è un problema, specialmente nel caso in cui si smarrisca la strada, unica via che ricondurrebbe alla totalità delle cose. Sezionare un fenomeno, la maggior parte delle volte, è un buon approccio se l'obiettivo è una sottile comprensione dell'oggetto di discussione; tuttavia, richiede una doppia abilità nel sapersi divincolare tra i mille frammenti, nel tentativo di riassemblare evitando di distorcere l'intero da cui si è partiti. Per questo motivo, termini come "ambisessuale", "bicurioso" e "bipermissivo" mi hanno lasciata un po' perplessa. Scelta mia quella di arenarmi al più comune "bisessuale, termine mutuato dalla biologia in quanto venne attribuito per la prima volta nella descrizione di piante provviste di organi maschili e femminili (da non confondere con l'ermafroditismo).
Volendo andare ancora oltre, mi sono sbilanciata a favore di un titolo forse esplicativo del mio attuale orizzonte di pensiero; bisessualità intesa come propensione, tendenza all'Altro. Maiuscolo poiché dimensione propria, unica ed esclusiva; non un sostantivo comune ed indistinto con attribuzione casuale, insomma. Può sembrare che io parli come se concepissi l'interazione con gli altri un'attitudine, un moto interiore che spinge verso un'attività piuttosto che l'altra. Effettivamente è così; quante sono le persone a cui senti dire che sono "portate" per lo sport? Il passo è molto breve.
Con l'avanzare dell'età, o meglio, con l'accumularsi delle esperienze, si comincia ad abitare in idee troppo strette, che comprimono tra le loro mura. Arriva il momento in cui il bisogno di smantellare è tanto assordante da non concederti unatregua, in cui confondi la fuga con il cambiamento. E sono i traguardi più importanti a non venire considerati per la loro reale valenza, bensì unicamente per i risvolti a cui traghettano, sul breve periodo.
Lo ripeto spesso, studiare psicologia è una rovina ed insieme una fortuna. Non c'è l'uomo, non c'è la donna; c'è la persona in sé, da comprendere nella sua pienezza ed interezza. E' solo quando hai dimestichezza con la rotondità ideale che riesci poi a smussare gli angoli dell'individualità, ora sì declinata nel maschile o nel femminile. Alla luce del raziocinio decadono le differenziazioni, nonostante non possa esistere una persona ascrivibile ad un'altra, un cervello ascrivibile ad un altro. Appare così poco sensato precludersi l'approccio completo all'Altro, solo perché motivati dal fatto io sia un uomo, una donna, oppure entrambi. E non si tratta del mero atto sessuale, banalizzato nella concezione di chi "bisessuale perché se manca uno c'è sempre l'altra". No! Orientarsi all'Altro implica abbracciare una storia, chiedere il permesso di poterne scrivere un tassello insieme; valicare i confini dell'apparenza per sondare cosa sia quel tumulto che muove ad agire verso qualcosa o qualcuno. In questa prospettiva, comprendi che il genere influenza sì la biografia, ma che non dovrebbe impedirti di costruire legami di vicinanza, mentali, affettivi oppure erotici con chi di volta in volta si trova ad attraversare il tuo cammino.
Considerazioni queste che trascendono l'occasionale contatto con il primo, o prima, che transita e poi sparisce. Sono percorsi di maturazione personale ed interpersonale che pur non avendo una risoluzione, nel loro strutturarsi rendono chi li sperimenta più aperto alla condivisione, oltre i limiti imposti dalle preferenze di genere o di qualsiasi altro tipo. E' forse anche per questo che non mi piace parlare in termini di bisessualità, una concezione che rimanda a semplicistiche attribuzioni di inclinazioni che andrebbero definite in maniera più sottile, anzi, che non andrebbero definite affatto.
Qualunque sia la scelta d'amore definitiva poi, non importa; è la predisposizione a scivolare in una vita a fare da discriminante. Affinità intellettive, emotive, di azione e perché no?! Anche di genere.
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