Video noto e non troppo recente, il frutto di una campagna pubblicitaria di sensibilizzazione in merito ai sempre più diffusi disturbi dell'alimentazione o, per volerla dire in ottica costruttivista, Disturbi del Comportamento Alimentare. Ogni volta che lo visualizzo cresce un moto d'empatia; da pelle d'oca.
Una fanciulla si esplora davanti ad uno specchio, pizzica i fianchi, le cosce, le guance, ed una lacrima le percorre il viso quasi assorto, disperso nell'immagine distorta che le viene rimandata. Quasi alla stregua dello specchio, anche lei riflette: «Qualche cosa non torna, non dovrei trovarmi in questo stato. Oltre a controllare, monitorare e prevenire, cos'altro fare?».
Innanzitutto, si pensi ad una categoria nosografica globale in cui inquadrare i disturbi alimentari generalmente riconosciuti in ambito clinico (da DSM, per intenderci), ossia anoressia e bulimia nervosa. Al fine di parlare un linguaggio comune, infatti, gli specialisti adottano classificazioni descrittive per mezzo delle quali identificano una patologia dopo averne individuato alcune manifestazioni peculiari, quelle che comunemente definiamo "sintomi". Il rischio insito a questo modo d'agire, però, è la categorizzazione rigorosa a prescindere dal racconto autobiografico di ciascuno, riconducibile a quell'individuo ed a nessun altro. Questa parentesi è doverosa poiché una delle sfide più ardue, per i recenti approcci psicopatologici, è il passaggio dalla logica descrittiva alla logica esplicativa, quest'ultima più funzionale ai bisogni del paziente ed agli obiettivi terapeutici. Rimando a due pagine di Wikipedia che in breve spiegano i limiti ed i punti di forza di questo nuovo approccio alla comprensione ed al trattamento dei disordini mentali.
Armati della "strumentazione adeguata", diviene possibile ascrivere il comportamento anoressico-bulimico lungo un continuum evolutivo, lasciandosi alle spalle differenziazioni nette. Riusciamo in questo modo ad identificarlo come un sintomo ambivalente e multideterminato poiché spesso i pazienti manifestano una commistione delle due forme, oppure transitano dall'una all'altra nell'arco dell'esperienza patologica. Il substrato comune di anoressia, obesità psicogena e bulimia è un'organizzazione della conoscenza che si declina in forme differenti di espressione individuale (comportamentale) e che dipende dall'ambiente evolutivo-familiare e socio-culturale in cui l'individuo è immerso e di cui è costruttore attivo. Limitandoci a quest'ottica, nel comportamento anoressico-bulimico viene individuato un estremo tentativo di:
- ottenere ammirazione, conferme;
- sentirsi unici, speciali;
- opporsi ad eccessive aspettative genitoriali;
- sviluppare un senso di autonomia e di individualità, per esempio mediante la disciplina del corpo ed il controllo del cibo.
Oltre a ciò, tendenzialmente, si rilevano alcuni tratti cognitivi tipici:
- una percezione errata della propria immagine corporea;
- un pensiero infantile "tutto o nulla";
- pensieri/rituali ossessivo-compulsivi;
- un pensiero magico-persecutorio relativamente a sé ed alla realtà sociale.
Concludendo, il grande amore per le nozioni ora lascia spazio all'interpretazione: la società, oltre che alle famiglie ed ai pazienti, si trova a combattere un disturbo il cui sintomo profondo è una rivolta testarda ed emblematica verso il Sé attraverso il corpo, il raggio d'azione dell'individualità. Prima che alla patologia, sensibilizziamoci alla valorizzazione del corpo come strumento primo di interazione con il mondo e con gli altri, come entità che "agisce i nostri pensieri".