sabato 13 aprile 2013

Rompere il ghiaccio.

Aprile, venerdì 12. Infiammata delle quattro pomeridiane, scrivere un blog. Come se il tempo a disposizione non fosse già scarso di suo, mi dico. Bisognerebbe analizzare gli antecedenti, è risaputo, ma delego il compito a chi ne possiede maggior capacità.
Due parole che inquadrino a grandi linee chi sono. Greta, 21 anni, studentessa al II° anno di un percorso di studi noto solo ai frequentanti: Scienze e Tecniche di Psicologia Cognitiva, il pressoché recente indirizzo e nuovo orizzonte della ricerca sperimentale in psicologia. Ebbene sì, anche gli psicologi sono scienziati! Enfatizzo perché non sembra che il concetto sia così scontato per la moltitudine, forse convinta del fatto gli "strizzacervelli" appartengano ad una comunità informe ed indefinita di menestrelli d'altri tempi. Non è poi una concezione così sbagliata se pensiamo ala parola come lo strumento principe del terapeuta, qualunque sia il suo approccio. Ma questo non basta, o almeno, non più. Ci sarà tempo per argomentare questa posizione, più in là magari.
Il tentativo è cercare di non rendere tediosa la lettura di queste pagine anche se è il rischio insito ad ogni blog. Ne frequento alcuni e spesso la tentazione di interrompere articoli che sembrano infiniti si presenta al ritmo di uno su tre. Motivo per cui passerò in rassegna, a strascichi di parole, gli argomenti che non mi fanno dormire la notte ed eviterò di dilungarmi in riflessioni articolate; sfida che invece lancio ai lettori. Schiodarsi dalla comodità di trattazioni chilometriche in cui resta ben poco da dire, infatti, penso possa stuzzicare la dimensione interpretativa propria di ciascuno. E se rispetto ad un testo di molti caratteri commentare non costa poi una fatica estrema, siamo sicuri lo stesso valga per brevi storielle? Per esempio, non è molto più semplice uno scambio di opinioni sulla prosa di Pirandello anziché sulla poesia di Ungaretti? Scrutare fra le righe è appagante il doppio laddove le parole siano state utilizzate con parsimonia, lasciando all'altro la possibilità di costruirne, demolirne e ri-costruirne i significati.
Infine, non essendo io un clinico mi limiterò alla letteratura e non alla pratica scientifica, facendo delle idee il mezzo mediante cui supportare ed al tempo stesso falsificare ciò che scriverò.
Perché la scienza è una certezza solo nel momento in cui lo scienziato sia consapevole di non possederne alcuna.

2 commenti:

  1. 'La scienza è una certezza solo nel momento in cui lo scienziato sia consapevole di non possederne alcuna'

    ..mmm..non regge, non la visualizzo..contesto...e rettifico proponendo il mio punto di vista..

    'La scienza, nutrendosi di incertezze e dubbi, produce certezza, che a sua volta può essere nuovamente nutrimento della scienza stessa'

    by Neighborhood Bully

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  2. La certezza scientifica è consapevolezza momentanea e transitoria, alla mercé degli individui che praticano la ricerca. Accettiamo, di volta in volta, le teorie che meglio pensiamo possano raccontare la natura dei nostri risultati empirici; nulla di più. Già solo il fatto ciò che visualizziamo sia frutto di una ricostruzione da parte del nostro cervello, lascia spalancate questioni su cosa o meno possa essere considerato reale. Chi fa scienza è conscio d'accettare risposte fornite da spiegazioni corroborate; ossia, dimostrate fino ad una determina soglia. Incerta, per l'appunto.

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