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Laddove l'atto altruistico sia orientato verso individui altruistici e comporti per il ricevente un beneficio superiore al costo sostenuto dal donatore, si potrà sperare in un aumento della fitness* media degli altruisti poiché il costo del gesto verrà compensato dalla presenza del gene dell'altruismo nei beneficiari. Per esempio, i pipistrelli vampiro sacrificano le proprie risorse, cibo ed energie, al fine di favorire individui che si trovano in difficoltà". In una forma sociale di questo tipo, definita "eusocialità" è molto più semplice che si diffondano i comportamenti altruistici a cui si è accennato.
Il punto chiave è che il gesto altruistico, per essere ottimale, deve essere reciproco: tra l'altruista ed il beneficiario è necessario si costituisca uno scambio di ruoli regolare affinché questa cooperazione diventi un fattore di sviluppo. Capacità mentali quali, per esempio, distinguere i consanguinei dagli estranei, riconoscere i gradi di parentela e saper smascherare i cheaters (gli egoisti, i cosiddetti "imbroglioni") si elevano a pressione selettiva; il risultato è un insieme di abilità cognitive sofisticate che permettono un buon adattamento all'ambiente naturale e relazionale. Laddove io sia in grado di riconoscere gli individui, ricordare i favori (dati e ricevuti), mantenere una memoria a lungo termine, effettuare stime di costi e benefici e sviluppare strategie di condotta (per esempio a tutela dell'onestà reciproca), potrò sostenere di aver raggiunto una meta evolutiva importante. Ma non tutto procede lineare, altrimenti non ne parlerei in questa sede: intuitivamente, il comportamento altruista è soggetto allo sfruttamento poiché la selezione naturale favorisce gli egoisti all'interno del gruppo, facilitandone la diffusione, con conseguenze spesso emblematiche.
Ma ora accantoniamo Darwin e successori per occuparci delle possibili dinamiche che sottostanno al fenomeno per cui "dare e fare per gli altri, in modo incondizionato". Lanciamoci nel baratro specificamente umano. Prima si cancella la convinzione che l'atto altruistico sia "disinteressato" e meglio è perché semplificherà la presa di coscienza nei confronti del gesto stesso. Dovremmo infatti considerarne la reale natura, ossia immaginarlo alla stregua di una strategia di adattamento privilegiata che permette di controllare potenziali eventi di perdita, rifiuto ed abbandono. Modalità caratterizzante lo stile di personalità tendente a disturbi depressivi (un concetto simile ma che non coincide con quello di disturbo depressivo), si manifesta in quei soggetti che la psicologia cognitiva definisce "oblativi". Amare ed offrire senza la pretesa di esser contraccambiati dicono sia un'esperienza meravigliosa più per chi dà rispetto a chi riceve; l'affermazione non mi trova completamente d'accordo. Il beneficio è significativo per entrambi, solo va traslato in due dimensioni differenti. Serve al donatore per mantenere una coerenza interna, in linea con le attribuzioni di significato costruite in infanzia, fanciullezza ed adolescenza; serve al beneficiario dipendentemente dagli scopi. A mio avviso, l'altruismo si costituisce come un egoismo mascherato nella misura in cui ogni gesto assolva ad un compito particolare nel mantenimento della propria integrità. Pertanto, la persona si obbliga ad assumere un ruolo di supporto nelle relazioni considerate essenziali e le cause di eventi critici come per esempio rotture, perdite e separazioni vengono attribuite alla propria inadeguatezza. La convinzione cardine è che sia sempre in agguato la possibilità di poter deludere l'Altro significativo, un elemento a prescindere dal quale (soprav)vivere non sembra poi così indispensabile.
* Successo riproduttivo di un individuo o di uno specifico genotipo.
* Successo riproduttivo di un individuo o di uno specifico genotipo.
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